Lago Maggiore (Verbano)




Alcide Calderoni (1)
CNR Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, Verbania Pallanza Segretario della Commissione italo-svizzera per la pesca

Il Lago Maggiore è il secondo lago italiano per volume (37 contro 49 km³ del Garda), profondità (370 contro 410 m del Como) e superficie dello specchio lacustre (212 contro 368 km² del Garda). Il suo bacino imbrifero copre una superficie di 6600 km² e in essa risiedono oltre 600.000 abitanti, ai quali vanno aggiunti più di 12 milioni di turisti/giorno pressoché interamente concentrati nell’area rivierasca.. Politicamente esso appartiene sia all’Italia (3229 km²), con le regioni del Piemonte e della Lombardia, che alla Svizzera (3370 km²), ma l’80% della superficie lacustre è in Italia ed è suddiviso tra le province di Varese, Novara e del VCO.

Questa importante risorsa idrica lacustre deve soddisfare ad una molteplicità di utenze, quali la pesca professionale e sportiva, la balneazione, la navigazione, l’approvvigionamento idro-potabile, l’irrigazione e la produzione di energia elettrica. Quasi tutti questi usi sono spesso conflittuali l’uno con l’altro e, se si eccettuano navigazione e produzione di energia elettrica, richiedono una qualità dell’acqua piuttosto elevata. Tutto ciò fa sì che risulti importante seguire nel tempo l’evoluzione ambientale di questo corpo idrico onde verificare sue eventuali variazioni qualitative e proporre interventi correttivi. Grazie ad oltre 50 anni di studi effettuati sul Lago Maggiore, che può a pieno titolo essere considerato uno dei laghi più studiati al mondo, si sono potuti identificare tre principali cause di compromissione della qualità ambientale. Esse riguardano l’eutrofizzazione, l’inquinamento da sostanze tossiche (particolarmente da DDT) e l’inquinamento termico dovuto ai cambiamenti climatici globali.

In termini più generali, l’eutrofizzazione è determinata dall’eccessivo apporto di sostanze nutrienti quali i sali di fosforo e di azoto provenienti soprattutto da scarichi urbani e dal dilavamento dei terreni agricoli, nonchè da allevamenti intensivi del bestiame e da alcune attività industriali. Questa forma di inquinamento delle acque provoca un eccessivo sviluppo delle alghe che, andando incontro a decomposizione dopo la morte, determinano il consumo dell’ossigeno disciolto fino alla sua completa scomparsa nelle acque profonde e l’instaurarsi di condizioni ambientali tossiche per la vita.

L’inquinamento da sostanze tossiche, quali i metalli pesanti e molti composti organici di sintesi, deriva soprattutto da scarichi di origine industriale non adeguatamente trattati. Gli effetti sono la scomparsa di molte specie tra le più sensibili, se si raggiungono concentrazioni di elevata tossicità diretta; ma, anche quando i livelli sono più bassi, questi composti possono accumularsi negli animali (ad esempio nei pesci) che così non sono più utilizzabili in quanto pericolosi per la salute.

L’inquinamento termico è legato al riscaldamento globale e alle variazioni climatiche che ne conseguono. E’ una forma di alterazione molto subdola e grave per la quale ancora non si conoscono bene gli effetti ma che, certamente, in un futuro ormai prossimo creerà (ed in parte sta già creando) gravi problemi per la qualità degli ecosistemi sul nostro pianeta.

Per quel che riguarda l’eutrofizzazione, il Lago Maggiore, originariamente oligotrofo, a partire dagli anni ’60 è andato incontro ad un graduale e rapido incremento del livello trofico, raggiungendo il suo massimo di meso-eutrofia alla fine degli anni ’70, quando le concentrazioni di fosforo (Fig. 1), elemento che controlla la produzione algale del lago, avevano toccato i 37 µg P 1-¹ (Calderoni & Mosello, 1996; Calderoni et al., 1997a; de Bernardi et al., 1997, 1999, 2002). Grazie all’allarme dato dai ricercatori impegnati nello studio del lago, in quegli anni si adottarono contromisure efficienti onde ripristinare le originali condizioni di oligotrofia. Tra gli interventi realizzati va ricordata la costruzione di impianti di depurazione efficienti nei territori svizzero e piemontese e, in misura decisamente inferiore, in quello lombardo, nonché l’introduzione di leggi sempre più severe per quello che riguardava la riduzione della concentrazione di fosforo nei formulati per detersivi.

Tali rimedi, accanto ad un progressivo declino delle attività industriali, hanno portato ad un’importante diminuzione del carico annuale di fosforo veicolato al lago, che è passato dalle circa 700 t per anno degli anni ’70 al valore attuale di circa 230 t/anno (Fig. 2), con una corrispondente concentrazione nel lago di circa 8-12 µg P 1-¹ (Fig. 1), valori, questi, molto simili a quelli presentati dal lago prima dell’insorgere del fenomeno dell’eutrofizzazione (Calderoni & Mosello, 1996; Calderoni et al., 1997a; de Bernardi et al., 1996, 1999, 2002).


Fig. 1.	Lago Maggiore: andamento delle concentrazioni di fosforo reattivo e totale dal 1956 al 2004 (valori medi dalla superficie al fondo nella stazione di massima profondità).

Fig. 1. Lago Maggiore: andamento delle concentrazioni di fosforo reattivo e totale dal 1956 al 2004 (valori medi dalla superficie al fondo nella stazione di massima profondità).

Fig. 2.	Lago Maggiore. Apporti annuali di fosforo totale al lago dallareale emerso attraverso i tributari e dalla zona rivierasca
Fig. 2. Lago Maggiore. Apporti annuali di fosforo totale al lago dall’areale emerso attraverso i tributari e dalla zona rivierasca

La conseguenza di tale miglioramento è stata quella di un reale recupero della qualità delle acque lacustri e dell’intero ecosistema fino al livello di oligotrofia, pur permanendo alcune eccezioni in aree litorali di modesta estensione situate soprattutto alla foce dei fiumi che drenano territori dove la depurazione delle acque reflue è ancora insufficiente. Negli ultimi 24 anni, la clorofilla, che è un buon indicatore della biomassa vegetale algale, è passata da 5-6 a 2-3 µg Chl 1-¹ (Fig. 3). Anche la biodiversità dei popolamenti ha mostrato un chiaro aumento. Se si considera il popolamento fitoplanctonico, si vede, infatti, come dalle 40-45 specie che lo caratterizzavano agli inizi degli anni ’80 si è passati alle 80-85 specie degli inizi del 2000 (Fig. 3), con una contemporanea ciclicità stagionale tipica di ambienti in buone condizioni (de Bernardi et al., 1990;. de Bernardi & Canale, 1995; Morabito, comunicazione personale). Accanto a questi aspetti positivi, tuttavia, va segnalato come il minor livello trofico ha comportato anche una consistente riduzione della densità dei popolamenti ittici. Per questi ultimi, infatti, solo considerando la pesca professionale(Fig. 4), si è passato da un pescato totale annuo di 600 tonnellate negli anni ’80 al valore di circa 200 tonnellate nel 1995 ultimo anno di disponibilità delle statistiche del pescato (Grimaldi, 1997).

Nonostante questo significativo successo nel recuperare i livelli oligotrofici originari del lago, nel 1996 è stata rilevata una presenza significativa di DDT nell’ecosistema lacustre, segnalando così un “nuovo” problema per la qualità ambientale di questo corpo idrico (Calderoni et al., 1996). Nel bacino imbrifero, infatti, agli inizi della seconda metà del secolo scorso, un’industria chimica ha dato avvio alla produzione massiva di DDT. Nonostante le concentrazioni di questo composto e dei suoi derivati nelle acque lacustri siano sempre risultate al di sotto o quasi della soglia di rilevabilità, cioè meno di 1 ng 1-¹ (un miliardesimo per litro) a causa dei processi di bioconcentrazione la maggior parte delle specie ittiche di valore commerciale ha raggiunto valori di concentrazione nel muscolo più alti di quelli ammessi dalla legislazione italiana (0,05-0,10 mg kg-¹ a seconda della concentrazione di grasso), valori molto più restrittivi dei limiti fissati dagli altri Stati europei o suggeriti dal WHO (World Health Organizazion) e dall’EPA (Environmental Protection Agency).


Fig. 3.	Lago Maggiore. Andamento della clorofilla (valori medi annuali) e del numero di specie di fitoplancton dal 1981 al 2004

Fig. 3. Lago Maggiore. Andamento della clorofilla (valori medi annuali) e del numero di specie di fitoplancton dal 1981 al 2004.

Fig. 4.	Lago Maggiore. Andamento del pescato professionale annuale dal 1979 al 1995.

Fig. 4. Lago Maggiore. Andamento del pescato professionale annuale dal 1979 al 1995.

Da quando, nel 1996, questo composto è stato ritrovato nell’ecosistema lacustre in concentrazioni significative, la produzione di DDT è stata chiusa con decreto ministeriale definitivamente e gli impianti di produzione smantellati. Ciò nonostante, la permanenza di DDT e dei suoi derivati nel lago, a quasi dieci anni di distanza dalla sua scoperta, risulta ancora significativa perchè sono tuttora attivi due meccanismi di rifornimenti al lago: la risospensione dei sedimenti lacustri nei quali questo composto si è accumulato e la liberazione dai suoli industriali storicamente inquinati indotta dal dilavamento in occasione di precipitazioni intense con conseguente trasporto al lago lungo il sistema idrico. Tutto ciò anche in relazione alla lentezza di degradazione del DDT e dei suoi derivati (Calderoni & de Bernardi, 1997, 2000; Calderoni et al. 2000; Calderoni & de Bernardi, 1997, 2000). Solo recentemente segnali di un significativo miglioramento sono stati messi in luce e la pesca professionale è stata riaperta per quasi tutte le specie ittiche di importanza commerciale. Programmi intensivi di studi stanno proseguendo per verificare l’evoluzione futura di questa persistente forma di inquinamento anche nell’ambito di rapporti di collaborazione tra Italia e Svizzera.

La terza causa di alterazione ambientale può essere fatta risalire alle variazioni climatiche globali che negli ultimi decenni hanno influenzato la temperatura dei laghi in tutto l’emisfero boreale. In ambienti lacustri profondi, sia a Nord che a Sud delle Alpi, si sono misurati significativi aumenti della temperatura nelle acque profonde. Come si vede in Fig. 5 non fanno eccezione in questo senso i grandi laghi subalpini italiani.

In effetti, le acque profonde di un lago contengono una sorta di “memoria climatica” rappresentata dalle variazioni in esse nel contenuto calorico, che dipende dalle condizioni meteorologiche invernali (velocità del vento, temperatura dell’aria, radiazione solare). In Italia, negli ultimi 20 anni, si è assistito nei grandi laghi ad un aumento della temperatura di circa 1 grado nelle acque più profonde. Ciò è avvenuto anche nel Lago Maggiore dove il contenuto di calore accumulato nello strato di acqua tra 150-370 m è aumentato da circa 1250 MJ m-² nel 1963 a un massimo di più di 1450 MJ m-² nel 1999 (Fig. 5), con un corrispondente incremento massimo di temperatura di quasi 1 grado (Fig. 6). Le conseguenze a livello ecosistemico di queste variazioni termiche non sono ancora state chiarite; tuttavia si può certamente affermare che sia la stabilità termica dell’ecosistema che i processi chimici, biochimici e biologici siano fortemente influenzati e che gli studi in corso potranno meglio evidenziarli in un prossimo futuro (Ambrosetti & Barbanti, 1999, 2003; Ambrosetti, comunicazione personale).

Fig. 5.	Calore accumulato negli strati profondi dei laghi dOrta (75-143 m), Garda (180-350 m) e Maggiore (150-370 m) dal 1963 al 2004 (i valori del Lago dOrta sono riferiti allasse di destra). Particolarmente evidente è lincremento energetico dopo il 1987 in tutti i bacini lacustri e leffetto contemporaneo sulle acque profonde degli eventi idrometeorologici del 1981, 1991 e del 1999. Questi eventi possono provocare una marcata riduzione del trend positivo della memoria climatica, con sensibile riduzione dellaccumulo di calore, ma non hanno la capacità di ricreare la situazione iniziale, cioè quella dei primi anni del periodo.

Fig. 5. Calore accumulato negli strati profondi dei laghi d’Orta (75-143 m), Garda (180-350 m) e Maggiore (150-370 m) dal 1963 al 2004 (i valori del Lago d’Orta sono riferiti all’asse di destra). Particolarmente evidente è l’incremento energetico dopo il 1987 in tutti i bacini lacustri e l’effetto contemporaneo sulle acque profonde degli eventi idrometeorologici del 1981, 1991 e del 1999. Questi eventi possono provocare una marcata riduzione del trend positivo della memoria climatica, con sensibile riduzione dell’accumulo di calore, ma non hanno la capacità di ricreare la situazione iniziale, cioè quella dei primi anni del periodo.

Fig. 6.	Lago Maggiore. Andamento della temperatura media nel lago (0-370 m) e nello strato profondo (150-370 m).

Fig. 6. Lago Maggiore. Andamento della temperatura media nellago (0-370 m) e nello strato profondo (150-370 m).

Quanto sin qui illustrato mette in chiara evidenza come le ricerche a lungo termine risultino di fondamentale importanza per verificare l’evoluzione ambientale anche in ecosistemi complessi quali quelli del Lago Maggiore, permettendo di evidenziare le alterazioni alle quali questi sistemi vanno incontro in conseguenza di un più o meno diretto impatto antropico. Ciò ha consentito di suggerire interventi di gestione e recupero ambientale scientificamente corretti, operando sempre in stretta collaborazione tra ricercatori e amministratori pubblici nelle diverse strutture presenti in Italia in Svizzera anche tramite i due organismi internazionali, vale a dire la Commissione per la protezione delle acque italo-svizzere (CIPAIS) e la Commissione italo-svizzera per la pesca (CISPP).


1. tratto da: R. de Bernardi & A. Calderoni. 2005. “Problemi di qualità nelle acque lacustri italiane con particolare riferimento all’analisi a lungo termine di alcune problematiche ambientali nei grandi laghi subalpini” Atti del Convegno “Giornata dell’Acqua 2005”. Accademia dei Lincei. Roma, 22.03.05.
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Articolo di Alcide Calderoni tratto da: R. de Bernardi & A. Calderoni. 2005. “Problemi di qualità nelle acque lacustri italiane con particolare riferimento all’analisi a lungo termine di alcune problematiche ambientali nei grandi laghi subalpini” Atti del Convegno “Giornata dell’Acqua 2005”. Accademia dei Lincei. Roma, 22.03.05.